#150 – Il cloud, ancora
Pillole di Bit - En podkast av Francesco Tucci - Mandager
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Una seconda puntata di seguito sul cloud, adesso sulla differenza tra avere un server in un datacenter o avere un servizio che si paga per quanto lo si utilizza. Il tutto paragonato a una scrivania. Ho anche detto sue parole (un po' arrabbiate) sulla questione del filtro contenuti attivo per ogni connessione ad Internet Il nuovo podcast da ascoltare è AWS in Italiano Pillole di Bit (https://www.pilloledib.it/) è un podcast indipendente realizzato da Francesco Tucci, se vuoi metterti con contatto con me puoi scegliere tra diverse piattaforme: - Telegram (o anche solo il canale dedicato solo ai commenti delle puntate) - TikTok (per ora è un esperimento) - Twitter - BlueSky - Il mio blog personale ilTucci.com - Il mio canale telegram personale Le Cose - Mastodon personale - Mastodon del podcast - la mail (se mi vuoi scrivere in modo diretto e vuoi avere più spazio per il tuo messaggio) Rispondo sempre Se questo podcast ti piace, puoi contribuire alla sue realizzazione! Con una donazione diretta: - Singola con Satispay - Singola o ricorrente con Paypal Usando i link sponsorizzati - Con un acquisto su Amazon (accedi a questo link e metti le cose che vuoi nel carrello) - Attivando uno dei servizi di Ehiweb Se hai donato più di 5€ ricordati di compilare il form per ricevere i gadget! Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia Ciao a tutti e bentornati all’ascolto di Pillole di Bit, questa è la puntata 150 e io sono, come sempre, Francesco. Sono 150 puntate! Fa un po’ effetto quando si fa cifra tonda. Grazie a tutti voi che mi ascoltate e permettete a questo podcast di essere ancora qui. Iniziamo e parliamo ancora di cloud. Lo so che mi odierete per questo, ma da quando ascolto un podcast che vi consiglio tantissimo, AWS in Italiano, ho iniziato a pensare cosa si potrebbe fare con i servizi cloud per la gestione delle mie attività. Poi ho anche pensato che forse per molte persone non è chiaro cosa sia il cloud, oltre alla famosa definizione “il server di qualcun altro”. Oggi si lavora di immaginazione. Se ho un lavoro che mi porta a dover stare alla scrivania, posso comprarne una, mettermela in casa e usarla per questo scopo. Solo che per lavorare mi serve altro, oltre la scrivania, ho bisogno di una sedia, della corrente elettrica per illuminare il posto e accendere i miei dispositivi, il riscaldamento o il condizionamento per lavorare con condizioni climatiche accettabili. Ma non basta. Se ho materiale costoso o dati sensibili dei clienti, devo anche fare in modo che questi non siano alla mercè di chiunque, quindi magari penso di mettere un archivio di metallo chiuso a chiave e la porta blindata all’ingresso, con magari un antifurto. Non ultimo, la scrivania devo montarla, tenerla pulita e quando si rovina o si rompe devo gestire la manutenzione o la sostituzione. Sono tutte cose che devo saper fare, se no devo chiamare qualcuno a pagamento che le faccia per me. Bene, questo è quello che un’azienda fa quando deve fornire un servizio e deve comprare un server. Lo compra, lo mette in un posto sicuro (non sempre, in effetti, ma questa è un’altra storia), deve configurarlo, alimentarlo, fare in modo che non si surriscaldi e intervenire quando qualcosa si rompe. In più dovrà gestire la connettività e l’eventuale backup in caso di problemi. Questo è il server in casa o, come si usa dire tra gli addetti ai lavori, on-premisis. Il primo step del cloud è quello di spostarsi da casa propria in un posto di coworking. Prendo la mia scrivania e tutte le mie cose e vado a installarla in un ufficio che pago al mese, tutto compreso. So che da loro ci saranno sempre la corrente, il condizionamento e la connettività. Loro si occupano di controllare che nessuno entri e si sieda alla mia scrivania. Io devo solo andare lì, montarla, mettermi comodo, portare t