Peste suina: prosciutti Dop appesi a un filo

Madre Terra - L'agricoltura in podcast - En podkast av Radio 24 - Torsdager

Vi ricordate le zone rosse, gialle e arancioni durante l’epidemia Covid? Ora dimenticate le ansie legate alla salute umana e pensate a una mappa degli allevamenti suinicoli, la gran parte al nord, che da oltre due anni e sempre più spesso, si ritrovano inclusi in fasce di rischio simili a causa della Peste suina africana, un’infezione mortale per i maiali, contro la quale non esistono vaccini. Ma che non comporta nessun pericolo sanitario per l’uomo. Il rischio grave per gli umani casomai è economico. Per le pesanti restrizioni sull’export di carni e salumi provenienti dalle zone classificate e per gli impatti su allevamenti e prezzi. Il prosciutto di Parma che ricava dall’export oltre un terzo del suo fatturato, sta già perdendo colpi in Giappone cedendo spazi al concorrente spagnolo Serrano. A Parma sono stati già trovati 33 cinghiali positivi. Un maiale italiano su due viene allevato in Lombardia. E qui sono stati quasi 13mila i maiali colpiti dalla peste suina africana. L’Italia si è mossa in ritardo? E ora che si fa? Ne parliamo con Rudy Milani, allevatore e presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, con Davide Calderone, Direttore Assica, e con Chiara Piancastelli, responsabile dell’ufficio ricerca e qualità del Consorzio del Prosciutto di Parma. Perché la filiera suinicola nazionale, quasi tutta destinata alle grandi Dop, è in allarme rosso.

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